Artificial Intelligence

No Man’s Sky: l’universo artificiale che crea se stesso

Ogni particella dell’universo conta. La forma e posizione precise di ogni filo d’erba su ogni pianeta è stata calcolata. Ogni fiocco di neve e ogni goccia di pioggia è stata numerata. Sullo schermo davanti a noi le montagne si alzano prepotentemente per poi riabbassarsi in colline più dolci che a loro volta diventano pianure. In una stanza con poca luce, a mezz’ora di macchina a sud di Londra, si trova una tribù di programmatori seduti chini ai loro computer che stanno creando un enorme cosmo digitale.

L’ambizioso progetto è un videogame che sarà distribuito in Italia dal 10 Agosto 2016 col titolo di No Man’s Sky. In questo gioco, astronauti posizionati a distanza di milioni di anni luce l’uno dall’altro devono trovare il proprio scopo esistenziale attraverso una galassia di 18.446.744.073.709.551.616 pianeti unici.

“La fisica di qualsiasi altro gioco è finta” Spiega il capo architetto del progetto Sean Murray. “Quando sei su un pianeta, sei circondato da uno skybox che qualcuno ha pitturato con un cielo e delle stelle o nuvole. Se c’è un ciclo giorno-notte, è soltanto perchè nel gioco si passa lentamente attraverso skybox di colori diversi.” Lo skybox è inoltre una barriera oltre la quale il giocatore non può mai andare. Le stelle sono dei meri punti di luce. In No Man’s Sky invece ogni stella è un punto dove si può andare. L’universo è infinito.

“In No Man’s Sky”, continua Murray, “quando sei su un pianeta, hai visibilità fino alla curvatura del pianeta stesso. Se camminassi per anni, potresti percorrere tutta la sua circonferenza tornando esattamente al punto in cui sei partito. Il nostro ciclo giorno-notte accade perché il pianeta sta ruotando sul suo asse e ruotando intorno al sole. C’è vera fisica nel gioco.”

La creazione di questo universo è cominciata con un singolo input, un seme numerico arbitrario: il numero di telefono di uno dei programmatori. Quel numero è stato trasformato attraverso degli algoritmi in una sequenza di numeri pseudocasuali. Uno di questi semi determinerà le caratteristiche di ogni elemento del gioco. Nel mondo della fisica ancora si dibatte se l’universo sia deterministico o no. Mentre alcuni scienziati credono che la meccanica quantistica quasi certamente ha caratteristiche non deterministiche, Albert Einstein, per esempio, appoggiava la posizione opposta, “Dio non gioca a dadi”. Nemmeno No Man’s Sky gioca a dadi. Una volta che il primo seme viene inserito nel sistema, l’universo viene creato in maniera inalterabile: ogni elemento (stella, pianeta, organismo, etc.) viene posizionato in maniera unica. In altre parole, vista la natura procedurale del sistema, l’intero universo esiste al momento della sua creazione. Da un altro punto di vista, siccome il gioco renderizza soltanto le immediate vicinanze di un giocatore, niente esiste fino a quando non c’è un giocatore umano a testimoniarlo.

“There’s so much you can do. You can break the speed of light—no problem. It’s our universe, so we get to be Gods in a sense.”

“Qualsiasi cosa c’è attorno a te,” precisa Murray “non importa se esiste o no, perchè anche le cose che non vedi stanno andando per i fatti propri. Creature su un pianeta distante che nessuno ha mai visitato stanno bevendo da una fonte, addormentadosi, o cacciando perchè stanno seguendo una formula creata da noi che determina dove devono andare e cosa devono fare; soltanto non eseguiamo la formula per un posto fino a che non sei li.”

Le creature sono generate attraverso la combinazione e distorsione procedurale di archetipi, e ad ognuna viene assegnato il proprio unico profilo comportamentale. “C’è una lista di oggetti della quale gli animali sono coscienti,” ha spiegato Charlie Tangora, programmatore di AI “Certi animali hanno un’affinità con determinati oggetti piuttosto che altri; tutto questo contribuisce a dare loro personalità ed unicità. Una creatura può sviluppare addirittura rapporti di amicizia. E’ solo una label su un pezzo di codice, ma un’altra creatura dello stesso tipo nelle vicinanze potrebbe potenzialmente essere sua amica. Creature amiche comunicano ‘telepaticamente’ la loro direzione così possono coordinarsi e muoversi insieme.”

Mentre i comportamenti di base sono semplici, le interazioni possono essere incredibilmente complesse. Grant Duncan, il direttore artistico del gioco, ci racconta che, in una delle tante sessioni di gioco a scopo di test, stava esplorando un pianeta nuovo e, per noia, aveva cominciato a sparare ad alcuni uccelli. “Ne colpii uno e cadde nell’oceano” ricorda “Galleggiava nelle onde quando, improvvisamente, uno squalo emerse e lo mangiò. Era la prima volta che succedeva una cosa del genere, ne rimasi totalmente sbalordito.”

“Essendo una simulazione” dice Murray “puoi fare moltissime cose. Puoi superare la velocità della luce senza problemi. La velocità è solo un numero. La gravità e i suoi effetti sono solo numeri. E’ il nostro universo, quindi abbiamo la possibilità di essere Dio in un certo senso”. C’è del divino anche nel rapporto di causa effetto presente nel gioco. Aggiustamenti minori nel codice sorgente potrebbero far comparire laghi al posto di montagne, mutare specie, cambiare proprietà base di oggetti. “Una cosa semplice come cambiare il colore di una creatura,” fa notare Murray “potrebbe causare l’innalzamento del livello dell’acqua.”

no man's sky

Come nella natura stessa, pattern simili si ripetono in posti distanti. In No Man’s Sky è particolarmente prolifico l’uso della geometria frattale. “Se si osserva nel gioco una foglia molto attentamente” ci spiega Murray “c’è un nodo principale al centro con microscopici radianti che si aprono verso l’esterno. Ad un livello più ampio di ingrandimento si può notare lo stesso pattern, ad esempio, per quanto riguarda i rami degli alberi. Andando sempre più in grande lo stesso pattern si riscontra ad esempio in paesaggi con affluenti che vanno nello stesso fiume. Al massimo livello di ingrandimento addirittura una galassia presenta un pattern simile.”

Naturalmente anche in No Man’s Sky mancano alcune cose, non c’è malattia ad esempio, non ci sono escrementi e non ci sono nascite. C’è la morte, ma sempre con la garanzia di resurrezione. “Quando muori, ti rigeneri nella stessa posizione,” spiega Murray “ma perdi una gran quantità di cose. Volevamo che questa perdita fosse significativa per il giocatore cosicchè si attribuisca il giusto peso ad ogni decisione presa durante il gioco.”

Il “pathos” della morte si estende anche alle altre creature. “La natura del 90% dei videogame di oggi è conflitto” insiste Murray “é una riflessione interessante su dove siamo arrivati. Con il nostro gioco, invece, tu dai a qualcuno un controller, questi atterra su un pianeta, vede una creatura aliena per la prima volta e probabilmente proverà a sparargli. Quello che mi piace veramente però è che, 9 volte su 10, i giocatori si sentono immediatamente in colpa di averlo fatto. Non prendi punti uccidendo. Non ci sono monete d’oro. Sei tu che scegli cosa fare.”

Il gioco è in soggettiva e non scegli un personaggio quando inizi. Di conseguenza l’unico modo di “vederti” sarebbe chiedere ad un altro giocatore di guardarti e descrivere cosa vede. Considerando l’inconcepibile vastità di questo cosmo, tuttavia, ci sono probabilità infinitamente bassa di incontrare un altro giocatore: sarebbe un evento sbalorditivo se accadesse.

“For two humans to chance upon one another in this vast cosmos would be an almost impossible event—one capable of evoking real awe.”

Per il team di No Man’s Sky la sensazione di sentirsi piccoli in un universo infinito è alla base di tutto. Per dirla con le parole del programmatore Hazel McKendrick : “Tu non sei il Dio di questo universo. Non sei onnipotente. Non puoi costruire o trovare un’arma così potente da farti diventare inarrestabile. Penso che alla base ci sia il sentirsi in ogni momento piccolo e un pò spaventato da quello che può succedere.”

“La prima cosa a cui abbiamo pensato quando stavamo progettando questo gioco è stata l’emozione.” dice Murray “L’emozione di atterrare su un pianeta e sapere che mai nessuno prima è stato lì. Il bisogno di esplorare è nelle caratteristiche innate dell’essere umano. Quando in altri giochi è presente un elemento di esplorazione, tutto è già stato costruito da qualcuno. C’è un vocabolario. Certe porte si apriranno e certe altre no e, quando la porta si apre, si troverà un piccolo segreto già trovato da migliaia di altri giocatori che erano già stati li.”

Attraverso l’uso della generazione procedurale, No Man’s Sky ci assicura che ogni pianeta sarà una sorpresa, perfino per chi ha realizzato il gioco. Ogni creatura, ogni astronave aliena o paesaggio è un prodotto pseudocasuale del sistema. L’universo è tanto sconosciuto alle persone che hanno realizzato il gioco quanto ai giocatori ed è destinato a rimanere tale.

“The universe is essentially as unknown to the people who made it as it is to the people who play in it.”

“Le persone smetteranno di giocare molto prima che lo 0.1% di tutto il cosmo sia stato scoperto.” ci rivela Murray “Questo è insito nella natura dei videogame. Sarei stupido a pensare diversamente. Tuttavia è un pensiero triste. Quando voliamo attraverso la mappa galattica, vediamo un gran numero di stelle, ognuna delle quali avrà pianeti attorno a sè, un ecosistema, vita, ma la stragrande maggioranza non sarà mai visitata. Nel futuro ad un certo punto i server del gioco saranno decommissionati. Tutto verrà spento e saremo noi a staccare la spina”.

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Articolo originale: theatlantic.com

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